venerdì 9 maggio 2014

36esimo anniversario della morte di Peppino Impastato



Il 9 Maggio 1978 veniva assassinato Peppino Impastato. Giornalista, attivista di sinistra e politico, ucciso per meno della mafia.
Ma quel giorno di 36 anni fa l'Italia guardava altrove.
Peppino fu ucciso lo stesso giorno in cui venne ritrovato il cadavere di Aldo Moro in via Caetani.
Intanto a Cinisi, a inizio maggio del '78  era in corso l’ultima settimana di campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale.
Partecipava anche Democrazia proletaria, piccola formazione dell’estrema sinistra guidata da Peppino Impastato, un giovane di 30 anni.
Poco dopo le otto di sera, Peppino lasciò la redazione di Radio-Aut, piccola emittente alternativa di Terrasini. "Ciao a tutti, vado a casa a cenare. Sarò di ritorno alle ventuno", disse. Non tornò mai più.
La mattina dopo i carabinieri trovarono un tratto di ferrovia divelto e i brandelli del cadavere di Peppino. Forse un attentato-suicidio, si disse. Non era così, ma dovettero passare anni, tanti anni e depistaggi evidenti, prima che un tribunale della Repubblica condannasse il boss mafioso Gaetano Badalamenti all’ergastolo come mandante dell’assassinio di Peppino Impastato.
Intanto, il 14 maggio 1978, alle elezioni amministrative di Cinisi, Peppino Impastato veniva eletto con 264 voti.
36 anni sono passati. Ma la memoria di Peppino e delle sue idee non sono affatto state dimenticate. Basti pensare che lo scorso febbraio le parole ed il pensiero di Peppino sono giunti fino sul palco di San Remo, in una serata dedicata alla bellezza. Non poteva allora mancare la definizione della bellezza, così come delineata da Peppino Impastato in una delle sue poesie, con inimitabile spontaneità, naturalezza e appunto…poesia…
La stessa poesia è stata ricordata sul palco dell’ultimo concerto del 1° maggio.
Per noi del Circolo Sel di Ceglie Messapica, che a Peppino abbiamo voluto dedicare il nome del circolo, questa è una data di fondamentale importanza.
E lo è ancora di più da quando, nel gennaio 2013, abbiamo avuto il piacere e l’onore di ospitare il fratello di Peppino, Giovanni, in tre indimenticabili giorni durante i quali siamo stati a stretto contatto con lui.
Tre giorni di profonda emozione, accanto a chi quell’esperienza l’ha vissuta in prima linea. In quei giorni con Giovanni non abbiamo parlato solo di legalità. Abbiamo condiviso racconti di vita vissuta, aneddoti su Peppino, ma anche racconti di vita comune, opinioni, politica, musica, ecc., come dei comuni amici, il tutto passeggiando per le strade della nostra città o seduti ad un tavolo come comuni commesali
Ciò a conferma della semplicità di Giovanni. Una semplicità e umiltà che tuttavia non sono bastati a far venire meno in noi la consapevolezza di avere accanto una persona dal cuore enorme, reso tale dalla sofferenza ma allo stesso tempo dalla volontà e ostinazione di voler continuare a portare il messaggio di Peppino in giro per l’Italia, fino alla fine dei suoi giorni.
Ascoltare i racconti su Peppino, i tratti del suo carattere, le sue paure, i suoi sogni, le sue speranze, direttamente dal fratello Giovanni, non solo ci ha riempito di emozione e forza interiore, ma ci ha dato ancor più la conferma che il sacrificio di Peppino non è stato affatto vano, come affatto vana è la testimonianza che Giovanni continua a portare in giro per l’Italia.
Per noi del circolo, e per tutti i ragazzi che hanno partecipato all’iniziativa resterà per sempre il ricordo indelebile dell’emozione di quei giorni.
Grazie Peppino, grazie Giovanni



giovedì 1 maggio 2014

EROI CONTEMPORANEI





“sono un eroe, perché lotto tutte le ore. Sono un eroe perché combatto per la pensione……
Sono un eroe perché proteggo i miei cari dalle mani dei sicari dei cravattari 
Sono un eroe perché sopravvivo al mestiere….
Stipendio dimezzato o vengo licenziato….
A qualunque età io sono già fuori mercato …
Io sono al verde vado in bianco ed il mio conto è in rosso 
quindi posso rimanere fedele alla mia bandiera…”

Recitano così alcuni passi del brano di Caparezza, il cui protagonista rappresenta una storia comune a molti, e cioè quello di spaccarsi la schiena per portare a casa uno stipendio che ormai non basta più e che, nonostante le varie difficoltà (tra cui la tentazione di giocare al video poker o di chiedere prestiti agli usurai) riesce a mandare onestamente avanti una famiglia, un gesto davvero "eroico" ai nostri giorni.
Storia di un uomo che aveva dei sogni (Da giovane il mio mito era l'attore Dennis Hopper 
Che in Easy Rider girava il mondo a bordo di un chopper) e che ora ha solo speranze.
Questa è la dura realtà di chi un lavoro ce l’ha ma che non basta più a causa della grave crisi che ci attanaglia da qualche anno.
E poi c’è chi un lavoro non ce l’ha affatto, nè vede nemmeno lontanamente la possibilità di trovarlo (A qualunque età io sono già fuori mercato).
Eh già….Oggi bisogna davvero essere degli eroi per poter resistere in un mondo fatto di precarietà, dove il lavoro non solo non lo puoi scegliere, ma è già tanto trovarne uno, bello o brutto che sia.
Per tali ragioni, questo giorno, che un tempo non solo era una festa, ma un riconoscimento vero e proprio di dignità, che veniva dato al lavoro in quanto tale, oggi assume un senso del tutto diverso rispetto agli anni passati.
Rappresenta ancor più una festa per quei pochi fortunati che un lavoro ce l’hanno, magari anche fisso, e che permette loro di condurre una vita più o meno dignitosa. Ma è un giorno in cui far sentire ancora più la propria voce per coloro che hanno un lavoro precario, senza alcuna garanzia, o peggio ancora per coloro che il  lavoro non ce l’hanno affatto.
Quello degli ultimi anni - e forse questo ancor di più - è un primo maggio diverso.
Un primo maggio in cui il senso della festa viene sostituito dalle preoccupazioni per il futuro, per il lavoro che non c’è; da quel senso di precarietà, dalla paura del domani, dal rischio di non farcela.
La c.d. riforma Fornero ha inoltre creato una nuova situazione drammatica per le persone che, espulse dai processi produttivi, non hanno ancora raggiunto l’età della pensione. Migliaia di donne e uomini senza reddito alcuno dopo una vita spesa lavorando, definiti con lo sgradevole termine di “esodati”.
Tuttavia, proprio per questo, pur  essendo mutata la prospettiva, quella del primo maggio rimane una giornata fondamentale e ricca di significato, per ricordare una volta per tutte, a chi ci governa, la centralità del lavoro e non certo delle banche, a ricordare a viva voce che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, così come avevano voluto i Costituenti, i quali sapevano bene che senza il lavoro l’uomo non è libero ma è incatenato, vulnerabile, perchè condizionato nelle sue scelte e facile preda dei potenti, sicuri di fare presa, con le loro false promesse, su chi versa in stato di bisogno.

Il lavoro è la leva dello sviluppo della persona, la chiave di accesso alla cittadinanza, l’espressione più reticolare della democrazia ed è per questo che oggi ancor più di ieri è necessario tornare ad essere liberi!!!


Direttivo S.E.L. Ceglie Messapica