“sono un eroe, perché lotto tutte le ore. Sono un eroe perché
combatto per la pensione……
Sono un eroe perché proteggo i miei cari dalle mani dei sicari dei cravattari
Sono un eroe perché sopravvivo al mestiere….
Sono un eroe perché proteggo i miei cari dalle mani dei sicari dei cravattari
Sono un eroe perché sopravvivo al mestiere….
Stipendio dimezzato o vengo licenziato….
A qualunque età io sono già fuori mercato …
Io sono al verde vado in bianco ed il mio conto è in
rosso
quindi posso rimanere fedele alla mia bandiera…”
quindi posso rimanere fedele alla mia bandiera…”
Recitano
così alcuni passi del brano di Caparezza, il cui protagonista rappresenta
una storia comune a molti, e cioè quello di spaccarsi la schiena per portare a
casa uno stipendio che ormai non basta più e che, nonostante le varie difficoltà (tra cui la tentazione di giocare al
video poker o di chiedere prestiti agli usurai) riesce a mandare
onestamente avanti una famiglia, un gesto davvero "eroico" ai nostri
giorni.
Storia di un
uomo che aveva dei sogni (Da giovane il mio mito
era l'attore Dennis Hopper
Che in Easy Rider girava il mondo a bordo di un
chopper) e che ora ha solo speranze.
Questa è la
dura realtà di chi un lavoro ce l’ha ma che non basta più a causa della grave
crisi che ci attanaglia da qualche anno.
E poi c’è
chi un lavoro non ce l’ha affatto, nè vede nemmeno lontanamente la possibilità
di trovarlo (A qualunque età io sono già fuori mercato).
Eh già….Oggi bisogna
davvero essere degli eroi per poter resistere in un mondo fatto di precarietà,
dove il lavoro non solo non lo puoi scegliere, ma è già tanto trovarne uno,
bello o brutto che sia.
Per tali ragioni, questo
giorno, che un tempo non solo era una festa, ma un riconoscimento vero e
proprio di dignità, che veniva dato al lavoro in quanto tale, oggi assume un senso del tutto diverso rispetto agli anni
passati.
Rappresenta ancor più una
festa per quei pochi fortunati che un lavoro ce l’hanno, magari anche fisso, e
che permette loro di condurre una vita più o meno dignitosa. Ma è un giorno in
cui far sentire ancora più la propria voce per coloro che hanno un lavoro
precario, senza alcuna garanzia, o peggio ancora per coloro che il lavoro
non ce l’hanno affatto.
Quello degli ultimi anni
- e forse questo ancor di più - è un primo maggio diverso.
Un primo maggio in cui il
senso della festa viene sostituito dalle preoccupazioni per il futuro, per il
lavoro che non c’è; da quel senso di precarietà, dalla paura del domani, dal
rischio di non farcela.
La c.d. riforma Fornero
ha inoltre creato una nuova situazione drammatica per le persone che, espulse
dai processi produttivi, non hanno ancora raggiunto l’età della pensione. Migliaia
di donne e uomini senza reddito alcuno dopo una vita spesa lavorando, definiti
con lo sgradevole termine di “esodati”.
Tuttavia, proprio per
questo, pur essendo mutata la prospettiva, quella del primo maggio rimane
una giornata fondamentale e ricca di significato, per ricordare una volta per
tutte, a chi ci governa, la centralità del lavoro e non certo delle banche, a
ricordare a viva voce che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, così
come avevano voluto i Costituenti, i quali sapevano bene che senza il lavoro l’uomo non è
libero ma è incatenato, vulnerabile,
perchè condizionato nelle sue scelte e facile preda dei potenti, sicuri di fare
presa, con le loro false promesse, su chi versa in stato di bisogno.
Il lavoro è la leva dello sviluppo della persona, la
chiave di accesso alla cittadinanza, l’espressione più reticolare della
democrazia ed è per questo che oggi
ancor più di ieri è necessario tornare ad essere liberi!!!
Direttivo S.E.L. Ceglie Messapica
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