"Ci si lamenta, troppo spesso, delle mancanze dello Stato, dei silenzi, dei mancati interventi innanzi alle ingiustizie.
La verità è che, dai singoli, basterebbe appena un po' di memoria."
E noi, del Circolo SEL Peppino Impastato di Ceglie Messapica, ne siamo convinti. Siamo convinti che la memoria sia l'unica arma contro il perpetrarsi di alcune azioni, pensieri e inganni. Come quello che per tantissimi anni aveva fatto credere a tutta Italia che Peppino era un terrorista. Invece, i terroristi, ce li avevamo in casa e portavano una divisa. Quella divisa che avrebbe dovuto garantirci giustizia e protezione. Che avrebbe dovuto garantirla a Peppino e alla sua famiglia.
Ma la verità viene sempre a galla: nel processo sulla trattativa tra Stato e Mafia, si è parlato del depistaggio messo in atto dall'allora Maggiore dei Carabinieri Subranni e che, dopo essere stato rinviato a giudizio, ha accettato la prescrizione del reato commesso.
Noi non dobbiamo dimenticare. Non dobbiamo dimenticare che la prescrizione dei reati non vuol dire assoluzione per non aver commesso il fatto. Vuol dire che la giustizia degli uomini ci ha messo tanto, troppo tempo ad arrivare.
Noi non dobbiamo dimenticare che questi uomini non sono eroi! Per cui, com'è successo giorni fa dopo la morte di G. Andreotti, le alte sfere dei Governi chiedono pure i minuti di silenzio in rispetto di questa gente che ha macchiato l'onore e la memoria di persone che hanno sacrificato la propria vita, per amore, verità e giustizia.
Noi non dobbiamo dimenticare MAI l'operato di uomini come Peppino che ci hanno insegnato, con le proprie azioni, con la propria vita, che combattere e sconfiggere i mafiosi e i disonesti è possibile.
Soprattutto, con la memoria...
Il Circolo SEL insieme a Giovanni Impastato, fratello di Peppino
“Berlusconi
è un falsario, sia quando parla del presente sia quando parla del passato…
Berlusconi prova a strizzare l’occhio all’estrema
destra europea, che torna ad alzare la testa in Italia e in Europa e a ubriacare
frammenti di società ed opinione pubblica con la retorica del razzismo, dell’antisemitismo…
Berlusconi
è un falsario quando presenta l’esperienza del ventennio fascista come un’esperienza
fatta di luci e di ombre su cui evidentemente bisogna operare anche un recupero….
Berlusconi
è un falsario quando dimentica che cosa è stata la privazione delle libertà
fondamentali, la censura sulla libera stampa, che cosa è stato l’esilio, il
carcere, la tortura, la morte per la parte migliore d’Italia…
Berlusconi
è un falsario quando finge di non sapere che il Tribunale speciale fascista condannò
a complessivi 27.735 anni di carcere le menti libere, le persone più belle del
nostro paese…
Berlusconi
è un falsario quando finge di non sapere che già nei primi mesi del 1921 i
fascisti distrussero 17 tipografie sede di giornale, diedero alle fiamme 59
case del popolo, 119 camere del lavoro, 117 cooperative, 83 leghe contadine, 141 sezioni del
partito socialista e del partito comunista, 100 circoli culturali, biblioteche,
circoli ricreativi…
Credo
che l’Italia non possa celebrare il giorno di falsari e il giorno dell’oblio,
ma debba celebrare il giorno della memoria e chiedere ai falsari, almeno per un
giorno di tacere…”
Nichi Vendola.
Queste le parole del leader di Sel dopo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi su Mussolini che ad alcuni giornalisti ha dichiarato che Mussolini, al di là delle leggi razziali avrebbe fatto bene.
E
intanto reazioni anche dalle comunità ebraiche: "le persecuzioni e le
leggi razziste antiebraiche italiane ”ha ricordato Renzo Gattegna, presidente
dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, “hanno avuto origine ben prima
della guerra e furono attuate in tutta autonomia sotto la piena responsabilità
dal regime fascista, in seguito alleato e complice volenteroso e consapevole
della Germania nazista fino a condurre l'Italia alla catastrofe".
"Furono - ha sottolineato Gattegna - azioni coerenti nel quadro di un
progetto complessivo di oppressione e distruzione di ogni libertà e di ogni
dignità umana".
infine va ricordato (dovrebbe apparire superfluo, ma a quanto pare oggi non lo è), che
Il 27 gennaio si celebra il Giorno della
memoria per ricordare le vittime delle persecuzioni nazifasciste.
Il
27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche liberavano il lager di Auschwitz e
venivano aperti i cancelli del lager.
Istituito
per legge nel 2000, il 27 gennaio è il giorno che commemora la
persecuzione dei cittadini ebrei e di tutti coloro che hanno subito la
deportazione, la prigionia, la morte. Ma è anche il giorno che ricorda chi si è
opposto allo sterminio, e a rischio della
propria vita ha salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Nei campi di concentramento venivano uccise le
persone nelle camere a gas e non solo, le vittime furono in tutto circa 6
milioni dei quali 3 milioni circa nei campi di concentramento e altri 3 milioni
di fucilati, 3.300.000 prigionieri di guerra sovietici, 1 milione di
oppositori politici, 500 mila zingari, circa 9 mila omosessuali, 2.250
testimoni di Geova oltre a 270 mila morti tra disabili e malati
mentali.
Il Giorno della Memoria non serve solo a
ricordare la Shoah, la più grande tragedia del Novecento in Europa. E'
anche l'occasione per richiamarsi ai valori di chi, 68 anni fa, rischiò la vita
per costruire un'Italia nuova, libera dalle leggi razziali, in cui la vita
civile fosse regolata da una Costituzione
Purtroppo ancora oggi dobbiamo lottare
contro le insidie dell'antisemitismo e del revisionismo, le nuove forme di
razzismo, intolleranza culturale e religiosa, discriminazione. Pertanto,
il fatto che in Italia vi sia ancora chi pronuncia parole di apprezzamento nei
confronti di fascisti e antisemiti dichiarati, aprendo loro le porte, è cosa che deve giustamente
scandalizzare.
Per questo bisogna ricordare
"La strada intorno alla fortezza passava
davanti ai pali incatramati sullo spiazzo delle esecuzioni e all'area di
lavoro, dove i prigionieri dovevano smantellare i terrapieni intorno
alle mura, oltre duecentocinquantamila tonnellate di detriti e terra, e
per spostarli non avevano altro che pale e carriole. Queste carriole,
delle quali si può ancora vedere un esemplare nell'atrio della fortezza,
erano senza dubbio anche per quei tempi
spaventosamente primitive. Consistevano in una specie di barella con
due rozzi manici a un'estremità e una ruota di legno rivestita di ferro
all'altra. Sulle sue barre trasversali e' apposta una cassa fatta di
assi non piallate e dai fianchi inclinati. Non riuscivo a capacitarmi di
come facessero i prigionieri, i quali solo in pochissimi casi avevano
svolto un lavoro manuale prima della cattura e dell'internamento, a
spingere quelle carriole, piene di pesanti detriti, sul terreno
argilloso riarso dal sole e attraversato da solchi duri come pietra,
oppure in mezzo al pantano che gia' si formava dopo un solo giorno di
pioggia; di come riuscissero a far forza contro il carico, finche' quasi
non scoppiava loro il cuore, o di come un sorvegliante potesse
picchiarli sulla testa con il manico della pala, quando non ce la
facevano piu' a proseguire".
Ricorre oggi il XX anniversario della strage di
Capaci in cui persero tragicamente la vita il giudice Giovanni Falcone,
la moglie Francesca Morvillo e Antonio Montinaro, Vito
Schifani e Rocco Di Cillo, i tre agenti della scorta.
Vent’anni non sono pochi.
Eppure per chi quel giorno c’era, sembra solo ieri.
Un avvenimento che ha segnato le nostre vite.
Per chi, come chi scrive, all’epoca era poco più che adolescente,
quel 23 maggio 1992 resta un segno indelebile.
Un avvenimento che, a tratti incomprensibile per la mente ingenua di un adolescente dell'epoca, col passare degli anni,
rivela sempre più la sua tragicità.
Molti aspetti e retroscena di quell’evento, difficili da comprendere pienamente per gli adolescenti di allora, oggi appaiono chiari e limpidi alla mente adulta
di quelle stesse persone oggi quarantenni, oggi
madri e padri di famiglia, ed il valore di quegli uomini, o meglio di quegli Eroi, appare ancora più in
tutto suo splendore, perché se non ci fossero stati loro questa società sarebbe
sicuramente peggiore di ora.
Ecco perché il ricordo di quell' evento va
trasmesso come un testimone, di generazione in generazione.
A 20 anni da quel tragico attentato, la lotta contro il
crimine organizzato dev’essere tuttora viva e l'impegno sempre più forte,
perché soltanto la memoria e l'educazione alla legalità possono fare da monito
e da antidoto per le future generazioni.
Per questo, ricordare il sacrificio di due
grandi uomini come Falcone e Borsellino, che hanno pagato con la vita il loro impegno nella lotta contro
la mafia, non significa soltanto rendere loro omaggio, ma anche riconfermare un
impegno della società a non abbassare mai la guardia, perchè l’impegno per la
legalità è una priorità assoluta.
La reazione immediata e di massa di questi giorni all'attentato di Brindisi e all'assassinio della
giovane studentessa Melissa Bassi, al di là della matrice mafiosa o meno che l'ha ispirato, ci dimostra che il principio di legalità è ben presente nei giovani e nei meno giovani e questo anche grazie a gente come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma occorre fare ancora di più. Solo se la comunità si mobilita in massa si potrà
fermare la criminalità, perché, come diceva lo stesso Giovanni Falcone “Chi tace e chi piega la
testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore
una volta sola”.
(Giovanni Falcone).
Affinchè la comunità si mobiliti sempre e comunque, è necessario
educare le giovani generazioni alla legalità sin dai loro primi passi, ogni
giorno, affinchè il sacrificio di questi eroi non venga reso vano, e
affinchè la mente dei giovani ne comprenda il valore sin dalla
loro esistenza e non solo quando si sono sacrificati, perché "Se la gioventù le
negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo" (Paolo Borsellino). Oggi dunque è' più che mai necessario che soprattutto i giovani non si lascino scoraggiare da minacce e da atti intimidatori come quello di Brindisi. E' con questo spirito che il Circolo S.E.L. "Peppino Impastato" di Ceglie Messapica intende omaggiare Giovanni Falcone, sua moglie e tutti gli uomini della sua scorta e rivolgere un pensiero alla piccola Melissa, assassinata proprio dinanzi ad una scuola che porta il nome del giudice Falcone e di sua moglie Francesca Morvillo.
“Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali,
continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini."
" A Giuseppe Impastato assassinato dalla mafia il 9 Maggio 1978. Il centro Impastato ricorda il suo contributo di idee e di esperienza nella lotta contro il dominio mafioso e per il rinnovamento della società."
Recita così la targa affissa davanti la porta di "Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato", diversi anni prima che la magistratura riconoscesse la morte di Peppino come assassinio per mano della mafia. Ci sono voluti ben 23 anni prima che i mandanti fossero individuati e condannati. Ci sono voluti ben 23 anni di lotte, di ricorsi, di esposti, di petizioni affinché la madre, Felicia Bartolotta, il fratello, Giovanni, e tutti gli amici avessero giustizia per Peppino, abbandonato per 23 anni anche dalle Istituzioni. Ma alla fine la verità è venuta a galla. La verità viene sempre a galla. Ed oggi, 09 Maggio 2012, vogliamo ricordarlo nell'anniversario della sua uccisione per onorare la memoria di un uomo che ha dedicato la propria esistenza alla ribellione contro "la montagna di merda" che, col suo olezzo, impedisce ad ogni essere vivente, che ha la sfortuna di entrarci in contatto, di poter vivere libero. Perché "la mafia è una montagna di merda! Noi ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!" e Peppino aveva ragione. Quanti politici, quanti soggetti all'interno delle Istituzioni e della società civile, quante persone (se così possono essere appellate) fanno oggi parte di questo esercito silenzioso e invisibile? Perchè sì, è questo ciò a cui ha sempre ambito la mafia: confondersi, nascondersi, mescolarsi tra la gente e non essere più riconoscibile, così da lavorare indisturbata per i propri interessi. Ma pare sia accaduto qualcosa di più grave all'interno nostro Paese: non solo è diventata irriconoscibile, ma, laddove viene riconosciuta, c'è gente che continua ancora a voltarsi dall'altra parte, facendo finta che certe cose, certi atteggiamenti, facciano parte integrante della nostra cultura, della nostra identità. Ed è per questo che dobbiamo fare in modo che uomini come Peppino non vengano mai dimenticati. E' per questo che le sue parole, le sue idee, il suo messaggio venga divulgato come se lo stesse facendo lui stesso dai microfoni di Radio Aut. Perché nessuno possa ancora essere costretto ad abbassare la testa o non possa indignarsi contro qualcosa che può e deve essere sconfitta! Tuttavia, la lotta, oggi, è diventata ancora più difficile, sebbene il vero volto di questo fenomeno, che ha fatto sua l'arte della dissimulazione, sia stato smascherato, grazie anche a coloro che hanno pagato con la vita il prezzo della libertà. Infatti è grazie al loro sacrificio che il "braccio armato" di Cosa Nostra è stato, in parte, disarmato, anche se la mafia dai "colletti bianchi" rimane ancora al proprio posto, dove decide le sorti di un intero popolo, se non dell'umanità tutta. Non restiamo indifferenti di fronte a tutto questo, non dimentichiamo, non voltiamoci dall'altra parte, non trinceriamoci dietro il muro dell'omertà, poiché solo in questo caso, allora, il sacrificio di Peppino sarà vano! Non facciamolo solo per lui, facciamolo anche per noi: è un nostro sacrosanto diritto vivere in un Paese che ci garantisca giustizia, Istituzioni trasparenti e politica pulita. Come quella che "lui" faceva ai suoi tempi. Perché, come amava ripetere continuamente Felicia, "state attenti, occhi aperti, il futuro siete voi", ed aveva proprio ragione: il futuro siamo noi. Un futuro ricco di buona politica, legalità e senza "montagne di merda".
La Festa del lavoro o Festa
dei lavoratori è una giornata mondiale celebrata il primo Maggio di ogni
anno, che intende ricordare l'impegno del movimento sindacale ed i traguardi
raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori.“
Il lavoro è il primo valore su
cui si fonda la nostra Repubblica (Art.1 Cost. ) e non solo, è (o dovrebbe
essere) il mezzo attraverso cui il cittadino può raggiungere la piena
emancipazione personale e concorre (o dovrebbe concorrere)allo sviluppo
della Nazione.
Senza dimenticare che la Costituzione, all’art. 35, “tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”, mentre le norme
successive prescrivono le linee guida per la determinazione della retribuzione,
degli orari di lavoro e delle ferie.
Quest’anno, più di ogni altro, parlare di “festa” del lavoro suona quasi come una
beffa, soprattutto alla luce delle recenti riforme che stanno interessando il
mondo del lavoro in Italia, con la “modifica”, ma sarebbe il caso di dire con
la “demolizione”, di quei diritti e di quei traguardi raggiunti
dai lavoratori a seguito di dure lotte e che con questa giornata, da sempre, si
intendono ricordare.
L’emblema
di questa demolizione dei diritti dei lavoratori è certamente rappresentata
dalle modifiche all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ad opera di “tecnici”
nominati ad hoc.
Una ventata di liberismo, da lungo tempo auspicata dai
sostenitori del più becero capitalismo nostrano.
Quello dell’art. 18 è
sempre stato un campo minato per chi, come i partiti di centro-destra,
all’insegna del più spietato liberismo, si approssimavano anche minimamente a
sfiorare il più discusso articolo della storia del diritto del lavoro. Ciò
avrebbe significato andare incontro a manifestazioni di massa e perdita di
consensi per chiunque avesse tentato di apportare qualche modifica.
Un campo minato
persino per un Governo di tecnici spietati come quello attuale.
Dietro
ogni singola parola dell’art. 18 si nascondono lacrime e sangue versati da
migliaia di lavoratori per la difesa e per la conquista dei loro diritti.
Al
di là di questo fondamentale caposaldo, non si comprende come si possa
pensare che l’indebolimento delle tutele dei lavoratori e il corrispondente
rafforzamento della libertà di licenziamento dei datori di lavoro possa portare
ad un incremento dell’occupazione.
La giustificazione dei “demolitori” dell’art. 18 sarebbe
quella secondo la quale “la rigidità del sistema crea spesso alti tassi di
disoccupazione.”.
I
fatti dimostrano che non è affatto così e che è vero l’esatto contrario. La
dimostrazione è data dagli esiti della Legge n.
30/2003, meglio conosciuta come. Legge
Biagi, che, con lo stesso intento di “flessibilità” con il quale si intende
oggi demolire l’art. 18, introdusse all’epoca figure contrattuali quali “il
contratto a progetto” o il “contratto a chiamata” il “lavoro
ripartito”, “lavoro accessorio”, “lavoro occasionale”, che, a distanza di quasi 10 anni, non hanno ottenuto
altro risultato se non quello di incrementare il precariato, creando un alibi
per molti datori di lavoro, che dietro l’apparente utilizzo di queste figure
contrattuali celano rapporti di lavoro di ben altra natura, attuando abusi e
speculazioni oltre che confusione.
Queste figure contrattuali, nella realtà dei fatti, vengono
dunque utilizzate in funzione elusiva o frodatoria della legislazione posta a
tutela del lavoro subordinato.
Oltretutto, gli interventi cui
dava luogo la Legge Biagi furono definiti “a carattere sperimentale”.
I risultati dell’”esperimento”
sono sotto gli occhi di tutti. E nonostante tutto l'"esperimento" continua!!
Ma è l’impossibilità di “programmare”, seppur per
grandi linee, uno sprazzo di futuro personale l’effetto più devastante della
precarietà; tale impossibilità, ad esempio, è l’ostacolo maggiore per la
creazione di una famiglia. Infatti, spesso la scelta di vivere senza
vincoli familiari, sia per uomini che per donne, non è libera, ma imposta da
circostanze contingenti e anche da una prassi consolidata delle imprese che
considerano i single maggiormente appetibili.
Le donne, inoltre, subiscono trattamenti al dir
poco ricattatori quando, ad esempio, in occasione dell’assunzione, anche a tempo
indeterminato, devono presentare certificazione comprovante l’insussistenza
dello stato di gravidanza non tenendo minimamente conto che la maternità è un
diritto riconosciuto dallo Statuto dei lavoratori.
Il lavoro precario, inoltre, crea delle situazioni
economiche complicate per i dipendenti con contratti "atipici" che,
in quanto precari, non sono in grado di poter fornire garanzie reali di un
salario nel lungo periodo, lasciandoli in evidente difficoltà nel momento in
cui sono costretti, a richiedere agli istituti di credito del denaro per far
fronte alle piccole spese quotidiane o per l'acquisto della casa nella quale
andare ad abitare.
E questi ci vengono a dire che "il posto fisso è noioso"!!
Alla
luce di tanto, ci chiediamo: Che senso ha accrescere questa precarietà
eliminando la tutela per quei pochi lavoratori che ancora possono godere di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato?
Ad essere lesi sono i
diritti inviolabili, quali la dignità personale, e l’uguaglianza sostanziale di
tutti i cittadini (Art. 2 Cost.) e diminuisce il senso di appartenenza e la
volontà di contribuire alla realizzazione del bene comune.
Dunque
è davvero difficile parlare di “festa” in questo primo maggio
2012 quando si pensa ai tanti giovani e meno giovani che in questi ultimi mesi
e in queste ultime settimane si sono tolti la vita perché non riuscivano a
trovare un lavoro o perchè l'avevano perso, né vedevano alcuna prospettiva di trovarne in futuro.
Eppure,
oggi al di là della denominazione “festa”, proprio per questa triste realtà in
cui ci troviamo a vivere, è più che mai necessario raccogliere nelle piazze la
gente. Ma non certo per festeggiare, perché non c’è alcunché da festeggiare, ma
per manifestare e per gridare a voce alta il malcontento e per protestare contro
queste “riforme” inique, contro questa “demolizione” delle tutele del mondo del
lavoro e per opporre resistenza.
"Non c'è centrosinistra se non c'è la bandiera
dei diritti del mondo del lavoro, se non c'è l'idea che l'Italia è una
repubblica democratica fondata sul lavoro, e se non c'è la difesa con le
unghie e con i denti dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori". (Nichi Vendola)
La "Festa della Liberazione" è la
vittoria dei Partigiani antifascisti che organizzarono la Resistenza per
riconquistare la libertà e la democrazia.
25
Aprile, una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo
che oggi possiamo sentirci liberi.
Qualcuno,
con il chiaro intento di sminuire quei
valori insiti nel 25 aprile, afferma che ormai questa ricorrenza rappresenta
solo un ricordo sbiadito e che quei
principi non hanno più motivo di essere ricordati.
Noi riteniamo che non ci sia nulla di più
sbagliato in questo modo di ragionare.
La "Festa del 25 aprile" viene chiamata
anche Festa della Libertà poichè è un'occasione per ricordare che la
libertà non è un valore gratuito, che esiste automaticamente o che è una
condizione che si mantiene da sola o una cosa scontata.
"La libertà non viene mai concessa volontariamente
dall’oppressore, dev’essere pretesa dagli oppressi" - (Martin Luther King).
È proprio per questo che la resistenza non è solo il 25 aprile.
La
resistenza è ogni giorno: nella difesa dei nostri valori, della nostra libertà,
resistenza contro l’ingiustizia nelle sue varie manifestazioni, sia come
singoli individui, intesa come caparbietà nel sopravvivere a tutti i costi in
realtà quotidiane drammatiche, sia come collettività, nella difesa collettiva
dei valori e dei diritti condivisi.
Quotidianamente
c’è sempre qualcuno che cerca di portarci via la libertà, che cerca di
sottomettere o di condizionare la nostra libertà di pensiero, di offuscare le
nostre idee, sfruttando anche situazioni di disagio.
E
ad ogni attacco, ad ogni attentato ai valori umani occorrerà sempre dare una
dura risposta a difesa degli stessi. Questa è la Resistenza.
Da
Martin Luther King a Ernesto Che Guevara, fino ad arrivare ai Nostri Peppino
Impastato, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Renata Fonte, ecc., tutte
persone che nel tentativo di difesa dei
loro ideali e di resistenza contro i poteri forti, malvagi e ingiusti hanno
sacrificato le loro vite.
La
loro resistenza e il loro sacrificio hanno dato, sia pure dopo la loro morte, i
loro frutti, trovando il giusto riconoscimento e la realizzazione di ciò per
cui avevano deciso di lottare.
Resistenza
è anche quella della gente comune che non riesce ad arrivare alla fine del mese e combatte
tutti i giorni con la povertà, e nonostante tutto, stringe i denti e riesce ad
andare avanti non dandosi per vinta.
Resistenza
è anche quella delle migliaia di operai che difendono i loro diritti
scioperando e manifestando nelle piazze gridando ad alta voce il proprio dissenso.
E ancora: A Reggio Calabria una imprenditrice, Rosy Canale, picchiata e
ridotta in fin di vita dalla mafia che voleva toglierle l'attivita che
chiude; a Monasterace (RG) il sindaco Maria Carmela Lanzetta si dimette
dopo le minacce e gli attentati della mafia.
Di fronte a questi atti di violenza la prima fonda il "Movimento donne di San Luca e della Locride" associazione contro la criminalita' e la
seconda ritira le sue dimissioni per portare a termine il suo mandato.
Anche questa è resistenza!
In
altri termini, “Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa
dovere” - (Bertolt Brecht).
Dunque,
chi afferma che ormai il 25 aprile è solo un ricordo lontano, oltre a non aver
mai conosciuto il sacrificio e la sofferenza, è solo ispirato dall’interesse di
prevaricare, di dominare il prossimo scorgendo in coloro che difendono
quei valori, un grande ostacolo,
l’ostacolo alla sua avidità e ai suoi progetti di prevaricazione e di dominio.
Ecco
perché il 25 aprile, la Resistenza e la conquista della libertà, sono valori
che non dovranno mai essere dimenticati, ma sono e devono sempre essere tenuti
presenti e ritenuti attuali più che mai!!! Oggi come ieri c'è bisogno di resistenza!!!