Fine dicembre 1965. Contrada San Leonardo. Sicilia Occidentale.
Stai a letto in uno stato di semicoscienza. La
finestrella chiusa, le pareti sono scrostate, il lettone cigola.
Filippo entra ed esce, ha un gran da fare, ti porta da
mangiare, lascia le cose lì, non ti guarda, poi invece si ferma e si siede
sulla sponda del lettone, poi lo condivide, ti prende.
Tu sei lì. Forse non ci sei per niente, lui capisce che
qualcosa non funziona: tu sei felice di essere con lui. Ti opponi con un fil di
voce: non mi toccare, vastaso, vastaso.
Quando lui esce, ti alzi, sistemi il letto, tiri per bene
le lenzuola, allisci le coperte come se fossero ricami sottili, quello è il
letto di nozze, cos’altro potresti fare?
Passano i giorno, nessuno si fa vedere. Niente si sente.
Tutto è uguale. La solitudine di giorno, i rumori della campagna e la sera,
Filippo. Non ti avranno dimenticata? Non sai di essere diventata un personaggio
pubblico di cui tutti i giornali parlano.
“Nessuna traccia è stata trovata di Francesca Viola di 18
anni…a organizzare il ratto Filippo di 25 anni, diffidato dalla polizia.
…egli era stato più volte respinto da Francesca”.
Il tuo corpo è scambio di potere…
Tu, la reclusa.
Il dolore dal tuo corpo non esiste…
Niente ci fu.
Invece noi preferiremmo stare con te. Vorremmo infatti
compagnia nella stanzuccia dove il tuo corpo è stato marchiato, dove è stata
segnata una traccia che non potrà mai essere più rimossa. Adesso tu fai parte
di noi, le donne rapite, stuprate (chiamiamoci tutte Franca Viola perché di te
rimarrà il nome, mentre di noi è rimasto solo il silenzio).
Il male, la malattia, lo stupro e il ratto, hanno
investito il tuo corpo e tu ti vergogni di essere stata messa a nudo, di essere
stata penetrata, di non essere più te stessa, di essere stata degradata,
ridotta a preda, ad animale di conquista.
Ti diranno: niente ci fu e tua madre t’insegnerà a
dimenticare, a fare finta di niente.
Le nostre madri, anch’esse con i corpi marchiati.
Niente ci fu.
Imparerai ad ingoiare il male, a fare finta che non abbia
mai attraversato il tuo corpo e intanto questo, il male, ti corroderà
dall’interno. Se poi a tua figlia, Dio non voglia, succederà la stessa cosa,
ripeterai come tua madre, niente ci fu.
Niente ci fu.
Per questo adesso ti nascondi nel fondo del lettone,
cerchi di sparire sotto le lenzuola….
Tu vorresti solo essere una nuvola leggera che si
sfilaccia al vento.
Filippo ti ha voluto “rapire” senza chiedertelo, sicuro
che tu saresti stata contenta, perché tu sei sua e lui quello che vuole se lo
piglia. Così ha asservito il tuo corpo silenzioso, inerme. D’altronde lui fa
quello che la società gli permette di fare, perché non avrebbe dovuto farlo?
…..intanto, oltre la stanzuccia, i giornali si danno da
fare per trasformare la tua storia……in un fatto di costume di quei selvaggi di
siciliani, …….quella terra arretrata dove ne succedono di tutti i colori.
Chi siamo noi nessuno lo sa e a nessuno interessa.
Eccoti tra i Melodia, la tua nuova famiglia. Potrai mai
sentirti a casa tra questa gente?
…abitare è ritrovarsi e conoscersi. Invece adesso il tuo
corpo è stato “rapito”, isolato dal mondo, recluso. È un oggetto del
contendere, è una cosa. Neanche lo vuoi vedere il tuo corpo, lo copri con un
lenzuolo, con le coperte.
Vorresti non avere quel corpo che ti ha fatto soffrire.
Vorresti andare a casa.
Tratto da “NIENTE CI FU” di Beatrice Monroy
Hegel diceva che il sistema del mondo, così com’è, ha un
senso intrinseco, una logica dialettica, un graduale procedere verso il Bene.
La tradizione platonico-cristiana ci insegna che ogni nostra
azione dovrebbe rispondere ad un Bene superiore.
Aldo Capitini invece parlava di realizzazione de Sé
personale, a patto di imparare a dire Tu: la storia ci ha insegnato altro, la
vita ci ha insegnato altro.
Dalle generazioni che ci hanno preceduto abbiamo ereditato
valori che sopravvivranno fino alla fine dei tempi e, a distanza di centinaia,
migliaia di anni, i prodotti dell’ingegno umano sono ancora lì.
Noi, purtroppo, assistiamo a tutt’altro spettacolo e,
francamente, io provo una grande amarezza mista a rabbia e disgusto per quanto
non siamo riusciti a creare e per quanto siamo costretti a vedere e subire ogni
giorno. Non potrà essere diversamente fino a quando vedrò, ogni giorno, che in
tanta gente (come in Francesca) la paura regna sovrana. La paura di quanti, per
i motivi che tutti conoscono, ma dei quali più nessuno parla, non vedono che il
buio quando pensano al domani.
La paura di padri e madri ai quali tremano le vene e i polsi
quando i loro bambini chiedono pane, la paura di tutti quelli che provano
vergogna quando si specchiano e si mostrano alla luce del sole per colpe che
non hanno e maledicono il loro corpo umiliato e tante volte stuprato.
Maledicono la loro vita e si nascondono, proprio come Francesca, sotto un
lenzuolo, in attesa che arrivi la morte a portar via gli occhi, pesanti come
macigni sul cuore, dei mostri che li spaventano, che ci spaventano.
Ma i mostri
sono troppo pochi per essere davvero pericolosi.
Ciò che mi spaventa sul serio
è la gente pronta ad obbedire alle tendenze, alle logiche, alle mode senza
nessuno spirito critico, senza raziocinio alcuno. Logiche, tendenze e mode
forse vanno seguite, ma nella misura in cui possiamo trarne giovamento, non
divinizzate, radicalmente mutate, se necessario. Logiche,
tendenze e mode non devono mai farci distogliere lo sguardo dalla vita reale.
Mi pare, questa, una delle poche vie possibili da seguire
se, per davvero, vogliamo tornare a rivedere l’Aurora.
Commento a cura di Gabriele Manelli
Commento a cura di Gabriele Manelli
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