Nel
Consiglio Comunale dello scorso 27 settembre il Sindaco Caroli e la sua
maggioranza con una decisione sciagurata hanno deciso di aumentare la TARES (tassa sui rifiuti) in
modo spropositato: si passerà dai 2.050.000 euro del 2012 ai 3.010.000 euro del
2013. La TARES sarà una mazzata !
A
dicembre quando arriveranno i bollettini di conguaglio ci sarà un aumento di
oltre il 50 per cento rispetto alla tassa pagata l’anno scorso. Una situazione
insostenibile per molte famiglie, per non parlare degli esosi aumenti che
subiranno gli esercizi commerciali. Le promesse fatte in campagna elettorale
dal Sindaco Caroli di riduzione delle tasse stanno avendo una clamorosa
smentita.
Il Sindaco Caroli, come al
solito, predica bene e razzola male.
Non
ci si può nascondere dietro al fatto che la TARES sia una legge dello Stato la quale prevede
che il costo del servizio sia pagato tutto dai cittadini, perché la stessa
legge prevede che il Comune può introdurre riduzioni e agevolazioni. Chiediamo
al Sindaco Caroli di fermarsi e di rifare un nuovo piano finanziario per
consentire una corretta gestione del servizio, di valutare riduzioni e
agevolazioni per gli utenti e riduzioni attuabili del Comune stesso. La legge
dà la possibilità ai Comuni di approvare il bilancio di previsione entro il 30
novembre prossimo, prima di quella data è possibile modificare il piano
finanziario della TARES in modo da renderlo più leggero per le tasche dei
cegliesi.
La
verità è che questa maggioranza ha speso, durante l’anno, di più di quanto era
nelle sue possibilità. Adesso attraverso il tributo della TARES intende
incassare la somma che gli permette di chiudere il bilancio in pareggio.
Scaricando in questo modo sulla testa dei cegliesi l’incapacità di saper amministrare
e di saper gestire un bilancio.
Chiediamo al Sindaco Caroli
di fare presto prima che sia troppo tardi!
Tra il 1876 e il 1976, più di 11 milioni di italiani attraversarono
l’Oceano Atlantico alla ricerca di lavoro e di una vita migliore.
La nave Sirio, che salpò da Genova il 2 agosto 1906 per il Brasile, il 4
agosto passò di fronte a Capo Palo, dove urtò gli scogli con conseguente
scoppio delle caldaie. In quell’occasione morirono oltre 500 emigranti
italiani.
Ciò dimostra che i flussi migratori sono sempre esistiti e sempre
esisteranno e molti di noi, compreso chi scrive, sono nati fuori dall’Italia,
in quella terra straniera nella quale i nostri genitori erano stati costretti a
recarsi alla ricerca di un lavoro e di una vita più dignitosa, portandosi
dietro una misera valigia.
Cosa sarebbe successo se l’America, la Germania e tutti i Paesi che in quegli
anni erano meta per gli emigranti italiani avessero impedito ai nostri genitori
di entrare? Cosa sarebbe successo se tutti quegli italiani per il solo fatto di
entrare in terra straniera, temporaneamente senza un lavoro, fossero stati
accusati del reato di immigrazione clandestina?
Questo è quanto avviene in Italia dal 1998, anno in cui i “cari” Bossi e
Fini si fecero promotori, durante il Governo Berlusconi, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, poi più volte rimaneggiato.
La tragedia di Lampedusa di questi giorni riporta sotto i riflettori l’annoso
problema dell’immigrazione con tutte le sue problematiche e contraddizioni .
L'attuale normativa italiana sull'immigrazione è
entrata in vigore il 10 settembre 2002 nel corso del secondo governo Berlusconi.
Da allora, per tutti questi anni, numerosi sono stati
i richiami da parte del Consiglio d'Europa e degli organismi internazionali,
avendo la detta legge sortito l'esatto effetto contrario di quanto suggerito
dall'Unione Europea che chiede politiche di integrazione.
Ma i Governi di centrodestra, del tutto sordi a questi
richiami, sono tornati all’attacco con l’adozione nel 2008 del c.d. “Pacchetto
sicurezza” che ha addirittura inasprito le pene e ne ha introdotte di nuove
rispetto all’originaria legge Bossi-Fini, già di per sé molto restrittiva nei
confronti dei migranti.
Non va dimenticato che queste persone non sono immigrati
clandestini, sono profughi richiedenti
asilo, un diritto in base al
quale una personaperseguitata nel
suo paese d'origine può essere protetta da un'altra autorità sovrana.
LaDichiarazione Universale
dei diritti dell'uomo riconosce il diritto d'asilo all'art. 14 come diritto
di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
Hanno dunque diritto di asilo i
"rifugiati". Quello di "rifugiato" è uno status riconosciuto,
secondo il diritto internazionale (art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951),
a chiunque si trovi al di fuori del proprio paese e non possa ritornarvi a
causa del fondato timore di subire violenze o persecuzioni.
In Italia il diritto di asilo è anche
garantito dall’art.10 comma 3 della Costituzione.
Chi scappa dalla miseria, dalla fame, dalla guerra, dalla morte non può
essere considerato illegale.
Come ha opportunamente ricordato il Sindaco di Lampedusa, “A causa della
legge Bossi – Fini, i pescherecci che provano ad aiutare gli immigrati vengono
indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
A causa di questa assurda legge, chiunque aiuti degli immigrati ad
approdare sulle nostre coste, anche al solo fine di trarli in salvo, rischia di
essere iscritto nel registro degli indagati con l’accusa
di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Questo lo sanno
bene i proprietari dei pescherecci di Lampedusa.
Occorre rivedere sicuramente il sistema basato sulla
c.d. Convenzione di Dublino.
Tale regolamento infatti stabilisce il principio per
cui lo Stato membro responsabile dell'esame dell'istanza di asilo,
indipendentemente da dove la stessa sia stata presentata, è quello in cui è
avvenuto l'ingresso, regolare o meno, del richiedente asilo.
È chiaro che, a causa della sua posizione geografica
l’Italia è, più di ogni altra nazione europea, la prima meta di approdo per
tutti i Paesi del Nord Africa e per forza di cose la richiesta di asilo viene
inoltrata presso la prima prefettura in cui il migrante viene condotto. In questo
modo l’Italia si trova, più di ogni altra Nazione Europea, ad affrontare il
problema delle migliaia di richieste di asilo che vengono inoltrate presso le
nostre prefetture.
In realtà, la maggior parte dei migranti che perdono la vita sulle nostre
coste non ha la benché minima intenzione di rimanere nel nostro Paese, così
come non hanno intenzione di rimanere le altre migliaia che riescono ad
arrivare sani e salvi per poi essere condotti nei centri di accoglienza. Ma a
causa del sistema normativo europeo, molti sono costretti a restare in Italia,
nei C.A.R.A. (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo) o peggio ancora nei
C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione, in realtà dei veri e propri
lager) in attesa di riconoscimento, rimanendo intrappolati nelle maglie della
Convenzione Dublino, che non permette a chi entra in Italia di passare ad altri
Paesi. E nel frattempo viene aperto un fascicolo a loro carico da parte della
Procura per il reato di immigrazione clandestina.
Ma la legge Bossi-Fini contiene delle assurdità non solo dal punto di vista
penale ma anche da quello civile e amministrativo. Basti pensare che un
cittadino extracomunitario che si trovi nel suo paese di origine, per poter
entrare in Italia e soggiornarvi, deve essere già in possesso di un contratto
stipulato con un datore di lavoro che presumibilmente non lo ha mai conosciuto.
Si tratta di una legge che lede i diritti inviolabili della persona sotto
tutti gli aspetti.
E' chiaro che questa Legge va rivista e sostituita al più presto.
Ma sarebbe ora che non solo l’Italia, ma l’intera Unione Europea si assumesse
le proprie responsabilità.