sabato 5 ottobre 2013

FERMIAMO LA BOSSI-FINI


Tra il 1876 e il 1976, più di 11 milioni di italiani attraversarono l’Oceano Atlantico alla ricerca di lavoro e di una vita migliore.
La nave Sirio, che salpò da Genova il 2 agosto 1906 per il Brasile, il 4 agosto passò di fronte a Capo Palo, dove urtò gli scogli con conseguente scoppio delle caldaie. In quell’occasione morirono oltre 500 emigranti italiani.
Ciò dimostra che i flussi migratori sono sempre esistiti e sempre esisteranno e molti di noi, compreso chi scrive, sono nati fuori dall’Italia, in quella terra straniera nella quale i nostri genitori erano stati costretti a recarsi alla ricerca di un lavoro e di una vita più dignitosa, portandosi dietro una misera valigia.
Cosa sarebbe successo se l’America, la Germania e tutti i Paesi che in quegli anni erano meta per gli emigranti italiani avessero impedito ai nostri genitori di entrare? Cosa sarebbe successo se tutti quegli italiani per il solo fatto di entrare in terra straniera, temporaneamente senza un lavoro, fossero stati accusati del reato di immigrazione clandestina?
Questo è quanto avviene in Italia dal 1998, anno in cui i “cari” Bossi e Fini si fecero promotori, durante il Governo Berlusconi, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, poi più volte rimaneggiato.
La tragedia di Lampedusa di questi giorni riporta sotto i riflettori l’annoso problema dell’immigrazione con tutte le sue problematiche e contraddizioni .
L'attuale normativa italiana sull'immigrazione è entrata in vigore il 10 settembre 2002 nel corso del secondo governo Berlusconi.
Da allora, per tutti questi anni, numerosi sono stati i richiami da parte del Consiglio d'Europa e degli organismi internazionali, avendo la detta legge sortito l'esatto effetto contrario di quanto suggerito dall'Unione Europea che chiede politiche di integrazione.
Ma i Governi di centrodestra, del tutto sordi a questi richiami, sono tornati all’attacco con l’adozione nel 2008 del c.d. “Pacchetto sicurezza” che ha addirittura inasprito le pene e ne ha introdotte di nuove rispetto all’originaria legge Bossi-Fini, già di per sé molto restrittiva nei confronti dei migranti.
Non  va dimenticato che queste persone non sono immigrati clandestini, sono profughi richiedenti asilo, un diritto  in base al quale una persona perseguitata nel suo paese d'origine può essere protetta da un'altra autorità sovrana.
La Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo riconosce il diritto d'asilo all'art. 14 come diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
Hanno dunque diritto di asilo i "rifugiati". Quello di "rifugiato" è uno status riconosciuto, secondo il diritto internazionale (art. 1 della Convenzione di Ginevra  del 1951), a chiunque si trovi al di fuori del proprio paese e non possa ritornarvi a causa del fondato timore di subire violenze o persecuzioni.
In Italia il diritto di asilo è anche garantito dall’art.10 comma 3 della Costituzione.
Chi scappa dalla miseria, dalla fame, dalla guerra, dalla morte non può essere considerato illegale.
Come ha opportunamente ricordato il Sindaco di Lampedusa, “A causa della legge Bossi – Fini, i pescherecci che provano ad aiutare gli immigrati vengono indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
A causa di questa assurda legge, chiunque aiuti degli immigrati ad approdare sulle nostre coste, anche al solo fine di trarli in salvo, rischia di essere iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di  favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Questo lo sanno bene i proprietari dei pescherecci di Lampedusa.
Occorre rivedere sicuramente il sistema basato sulla c.d. Convenzione di Dublino.
Tale regolamento infatti stabilisce il principio per cui lo Stato membro responsabile dell'esame dell'istanza di asilo, indipendentemente da dove la stessa sia stata presentata, è quello in cui è avvenuto l'ingresso, regolare o meno, del richiedente asilo.
È chiaro che, a causa della sua posizione geografica l’Italia è, più di ogni altra nazione europea, la prima meta di approdo per tutti i Paesi del Nord Africa e per forza di cose la richiesta di asilo viene inoltrata presso la prima prefettura in cui il migrante viene condotto. In questo modo l’Italia si trova, più di ogni altra Nazione Europea, ad affrontare il problema delle migliaia di richieste di asilo che vengono inoltrate presso le nostre prefetture.
In realtà, la maggior parte dei migranti che perdono la vita sulle nostre coste non ha la benché minima intenzione di rimanere nel nostro Paese, così come non hanno intenzione di rimanere le altre migliaia che riescono ad arrivare sani e salvi per poi essere condotti nei centri di accoglienza. Ma a causa del sistema normativo europeo, molti sono costretti a restare in Italia, nei C.A.R.A. (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo) o peggio ancora nei C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione, in realtà dei veri e propri lager) in attesa di riconoscimento, rimanendo intrappolati nelle maglie della Convenzione Dublino, che non permette a chi entra in Italia di passare ad altri Paesi. E nel frattempo viene aperto un fascicolo a loro carico da parte della Procura per il reato di immigrazione clandestina.
Ma la legge Bossi-Fini contiene delle assurdità non solo dal punto di vista penale ma anche da quello civile e amministrativo. Basti pensare che un cittadino extracomunitario che si trovi nel suo paese di origine, per poter entrare in Italia e soggiornarvi, deve essere già in possesso di un contratto stipulato con un datore di lavoro che presumibilmente non lo ha mai conosciuto.
Si tratta di una legge che lede i diritti inviolabili della persona sotto tutti gli aspetti.
E' chiaro che questa Legge va rivista e sostituita al più presto.
Ma sarebbe ora che non solo l’Italia, ma l’intera Unione Europea si assumesse le proprie responsabilità.

Sar Piero Giordano
(Direttivo Sinistra Ecologia Libertà Ceglie Messapica)



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