La Festa del lavoro o Festa
dei lavoratori è una giornata mondiale celebrata il primo Maggio di ogni
anno, che intende ricordare l'impegno del movimento sindacale ed i traguardi
raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori.“
Il lavoro è il primo valore su
cui si fonda la nostra Repubblica (Art.1 Cost. ) e non solo, è (o dovrebbe
essere) il mezzo attraverso cui il cittadino può raggiungere la piena
emancipazione personale e concorre (o dovrebbe concorrere) allo sviluppo
della Nazione.
Senza dimenticare che la Costituzione, all’art. 35, “tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”, mentre le norme
successive prescrivono le linee guida per la determinazione della retribuzione,
degli orari di lavoro e delle ferie.
Quest’anno, più di ogni altro, parlare di “festa” del lavoro suona quasi come una
beffa, soprattutto alla luce delle recenti riforme che stanno interessando il
mondo del lavoro in Italia, con la “modifica”, ma sarebbe il caso di dire con
la “demolizione”, di quei diritti e di quei traguardi raggiunti
dai lavoratori a seguito di dure lotte e che con questa giornata, da sempre, si
intendono ricordare.
L’emblema
di questa demolizione dei diritti dei lavoratori è certamente rappresentata
dalle modifiche all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ad opera di “tecnici”
nominati ad hoc.
Una ventata di liberismo, da lungo tempo auspicata dai
sostenitori del più becero capitalismo nostrano.
Quello dell’art. 18 è
sempre stato un campo minato per chi, come i partiti di centro-destra,
all’insegna del più spietato liberismo, si approssimavano anche minimamente a
sfiorare il più discusso articolo della storia del diritto del lavoro.
Ciò avrebbe significato andare incontro a manifestazioni di massa e perdita di consensi per chiunque avesse tentato di apportare qualche modifica.
Ciò avrebbe significato andare incontro a manifestazioni di massa e perdita di consensi per chiunque avesse tentato di apportare qualche modifica.
Un campo minato
persino per un Governo di tecnici spietati come quello attuale.
Dietro
ogni singola parola dell’art. 18 si nascondono lacrime e sangue versati da
migliaia di lavoratori per la difesa e per la conquista dei loro diritti.
Al
di là di questo fondamentale caposaldo, non si comprende come si possa
pensare che l’indebolimento delle tutele dei lavoratori e il corrispondente
rafforzamento della libertà di licenziamento dei datori di lavoro possa portare
ad un incremento dell’occupazione.
La giustificazione dei “demolitori” dell’art. 18 sarebbe
quella secondo la quale “la rigidità del sistema crea spesso alti tassi di
disoccupazione.”.
I
fatti dimostrano che non è affatto così e che è vero l’esatto contrario.
La dimostrazione è data dagli esiti della Legge n. 30/2003, meglio conosciuta come. Legge Biagi, che, con lo stesso intento di “flessibilità” con il quale si intende oggi demolire l’art. 18, introdusse all’epoca figure contrattuali quali “il contratto a progetto” o il “contratto a chiamata” il “lavoro ripartito”, “lavoro accessorio”, “lavoro occasionale”, che, a distanza di quasi 10 anni, non hanno ottenuto altro risultato se non quello di incrementare il precariato, creando un alibi per molti datori di lavoro, che dietro l’apparente utilizzo di queste figure contrattuali celano rapporti di lavoro di ben altra natura, attuando abusi e speculazioni oltre che confusione.
La dimostrazione è data dagli esiti della Legge n. 30/2003, meglio conosciuta come. Legge Biagi, che, con lo stesso intento di “flessibilità” con il quale si intende oggi demolire l’art. 18, introdusse all’epoca figure contrattuali quali “il contratto a progetto” o il “contratto a chiamata” il “lavoro ripartito”, “lavoro accessorio”, “lavoro occasionale”, che, a distanza di quasi 10 anni, non hanno ottenuto altro risultato se non quello di incrementare il precariato, creando un alibi per molti datori di lavoro, che dietro l’apparente utilizzo di queste figure contrattuali celano rapporti di lavoro di ben altra natura, attuando abusi e speculazioni oltre che confusione.
Queste figure contrattuali, nella realtà dei fatti, vengono
dunque utilizzate in funzione elusiva o frodatoria della legislazione posta a
tutela del lavoro subordinato.
Oltretutto, gli interventi cui
dava luogo la Legge Biagi furono definiti “a carattere sperimentale”.
I risultati dell’”esperimento”
sono sotto gli occhi di tutti. E nonostante tutto l'"esperimento" continua!!
Ma è l’impossibilità di “programmare”, seppur per
grandi linee, uno sprazzo di futuro personale l’effetto più devastante della
precarietà; tale impossibilità, ad esempio, è l’ostacolo maggiore per la
creazione di una famiglia. Infatti, spesso la scelta di vivere senza
vincoli familiari, sia per uomini che per donne, non è libera, ma imposta da
circostanze contingenti e anche da una prassi consolidata delle imprese che
considerano i single maggiormente appetibili.
Le donne, inoltre, subiscono trattamenti al dir
poco ricattatori quando, ad esempio, in occasione dell’assunzione, anche a tempo
indeterminato, devono presentare certificazione comprovante l’insussistenza
dello stato di gravidanza non tenendo minimamente conto che la maternità è un
diritto riconosciuto dallo Statuto dei lavoratori.
Il lavoro precario, inoltre, crea delle situazioni
economiche complicate per i dipendenti con contratti "atipici" che,
in quanto precari, non sono in grado di poter fornire garanzie reali di un
salario nel lungo periodo, lasciandoli in evidente difficoltà nel momento in
cui sono costretti, a richiedere agli istituti di credito del denaro per far
fronte alle piccole spese quotidiane o per l'acquisto della casa nella quale
andare ad abitare.
E questi ci vengono a dire che "il posto fisso è noioso"!!
E questi ci vengono a dire che "il posto fisso è noioso"!!
Alla
luce di tanto, ci chiediamo: Che senso ha accrescere questa precarietà
eliminando la tutela per quei pochi lavoratori che ancora possono godere di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato?
Ad essere lesi sono i
diritti inviolabili, quali la dignità personale, e l’uguaglianza sostanziale di
tutti i cittadini (Art. 2 Cost.) e diminuisce il senso di appartenenza e la
volontà di contribuire alla realizzazione del bene comune.
Dunque
è davvero difficile parlare di “festa” in questo primo maggio
2012 quando si pensa ai tanti giovani e meno giovani che in questi ultimi mesi
e in queste ultime settimane si sono tolti la vita perché non riuscivano a
trovare un lavoro o perchè l'avevano perso, né vedevano alcuna prospettiva di trovarne in futuro.
Eppure,
oggi al di là della denominazione “festa”, proprio per questa triste realtà in
cui ci troviamo a vivere, è più che mai necessario raccogliere nelle piazze la
gente. Ma non certo per festeggiare, perché non c’è alcunché da festeggiare, ma
per manifestare e per gridare a voce alta il malcontento e per protestare contro
queste “riforme” inique, contro questa “demolizione” delle tutele del mondo del
lavoro e per opporre resistenza.
"Non c'è centrosinistra se non c'è la bandiera
dei diritti del mondo del lavoro, se non c'è l'idea che l'Italia è una
repubblica democratica fondata sul lavoro, e se non c'è la difesa con le
unghie e con i denti dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori". (Nichi Vendola)
Sinistra
Ecologia Libertà
Circolo “Peppino Impastato" - Ceglie Messapica