martedì 19 febbraio 2013

Al Governo per il sapere come leva di un nuovo sviluppo: La formazione


I dati parlano drammaticamente chiaro: l’Italia  spende per l’istruzione solo il 9% del totale della spesa pubblica, quando la media dei paesi industrializzati è superiore al 13%. Nella classifica OCSE sugli investimenti e sullo stato di salute del sistema della Formazione nei paesi più industrializzati del mondo siamo penultimi, al 31° posto su 32.
Le leggi finanziarie degli ultimi anni, che hanno utilizzato le risorse della scuola per fare cassa, e la controriforma delle Gelmini, cioè il più grande tentativo di distruzione del sistema di formazione pubblica e di demonizzazione degli insegnanti, hanno portato a questo risultato.
Chi è venuto dopo, il ministro Profumo, ha operato in piena continuità: aumento delle risorse alle scuole private e tagli per gli enti pubblici di ricerca, blocca i concorsi universitari e proroga i rettori, indice un “concorsone” in cui i titoli accumulati non hanno alcun valore, lascia irrisolto il problema di chi nella scuola lavora da anni in totale precarietà e si propone di ridurre gli Organi Collegiali. Il sistema delle barriere d’accesso, tasse alte e numero chiuso, ha ridotto la qualità della formazione e la quantità di persone laureate.
Così l’università attuale non è più uno strumento per poter migliorare la propria condizione sociale.
Lo stesso accesso ai gradi superiori della formazione è un continuo percorso ad ostacoli: dottorati senza borse, contratti a salario zero, corsi di formazione post-laurea spesso inutili, mortificante dipendenza dall’ordinariato, scollegamento totale con il mondo del lavoro. Assistiamo ogni giorno al processo di dequalificazione e di scarsa valorizzazione delle capacità di chi entra nel sistema della formazione. Siamo l’unico paese nel mondo industrializzato che non considera il finanziamento alla formazione pubblica come strumento anticiclico, per contrastare la crisi e frenare gli effetti della precarizzazione del mondo del lavoro.
Noi proponiamo una riforma del sistema della formazione che punti in primo luogo ad equiparare le risorse e gli investimenti per l’istruzione italiana a quelli della media europea, in linea con quel che  richiede l’Europa attraverso il programma europeo per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020.
Nella scuola che vogliamo il tempo pieno è garantito a tutti. Abbiamo urgenza di abbattere la dispersione  scolastica che in alcune aree del paese supera il 20%. Per questo è necessario introdurre l’obbligo scolastico fino ai 18 anni. E abbiamo bisogno di scuole pubbliche di qualità in tutto il territorio nazionale, che operino in reale autonomia.
Una delle priorità Al Governo per il sapere come  leva di un nuovo sviluppo è il programma di edilizia scolastica, perché non possiamo più vivere tragedie come quelle di San Giuliano, non possiamo più pensare che i nostri figli passino la maggior parte della loro giornata dentro strutture pericolanti, fatiscenti, con barriere architettoniche che limitano l’accesso ai diversamente abili e privi di connettività.
Attraverso il taglio delle spese per l’acquisto degli inutili aerei da guerra F 35 possiamo recuperare risorse da investire in un forte programma di edilizia scolastica in tutto il territorio nazionale che rinnovi le strutture e le adegui alla normativa antisismica, le doti di connettività, di laboratori e degli altri strumenti necessari
 C’è bisogno di nuovi insegnanti. Ben tre generazioni di insegnanti sono intrappolati nella vergognosa gabbia della precarietà. Per questo noi proponiamo un piano pluriennale di immissione in ruolo dei precari, fino ad esaurimento delle graduatorie, coprendo tutti i posti disponibili nelle scuole.
Bisognerà per questo reintrodurre il tempo pieno e le ore di laboratorio che Gelmini aveva cancellato e garantire la presenza di insegnanti di sostegno, secondo il bisogno certificato. La soluzione praticabile è il concorso periodico che copra il fabbisogno a partire dalla percentuale degli organici funzionali.
La formazione, come sappiamo, inizia dalla nascita e le famiglie italiane, ed in particolare le donne gravate dal doppio compito  del lavoro e della cura, necessitano con urgenza di nuovi nidi pubblici, che garantiscano un numero di posti pari almeno al 30% dei bambini fino a tre anni. La scuola deve formare alla vita: recuperiamo le ore sottratte da Gelmini e lavoriamo per l’unificazione dei cicli liceali e tecnico-professionali, investendo maggiormente nella materie professionalizzanti. È così che la scuola potrà esercitare un ruolo preminente nell’organizzazione della società, della produzione e della formazione delle generazioni.
Ma la scuola è anche degli studenti, mentre oggi il diritto allo studio è fortemente messo in discussione dall’aumento delle tasse, dai costi non più sostenibili delle famiglie per l’acquisto dei libri di testo e del materiale scolastico, dall’erosione delle borse di studio. Vanno messe in campo con urgenza le risorse necessarie a garantire le borse di studio, forme di reddito indiretto come la mobilità gratuita  per gli studenti, e strumenti fiscali come la deducibilità delle spese per la scuola.
Invertire subito la rotta significa garantire la possibilità di formazione a tutti, cancellando il numero chiuso come metodo di accesso all’università. Significa rifinanziare l’intero sistema di diritto allo studio, sia per le borse di studio, in particolare per gli studenti di dottorato il finanziamento deve essere sempre garantito, sia per le residenze studentesche, e parte delle risorse possono essere reperite da coloro che ne hanno beneficiato eludendo fin qui il fisco.
Bisognerà svincolare la possibilità di ottenimento della borsa di studio dalla sede universitaria prescelta, la
contribuzione studentesca deve essere progressiva in base alle condizioni economiche e patrimoniali,
senza penalizzare gli studenti fuori corso, part-time e lavoratori. 



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