giovedì 21 febbraio 2013

IL DIRITTO DI VIVERE IN UNA SOCIETA' GIUSTA


Bisogna abbandonare la logica dell’intervento d’urgenza e realizzare una riforma di sistema che possa garantire, finalmente, una giustizia più efficiente e veloce. Vogliamo dire basta a una giustizia tollerante fino all’impunità per i potenti,  spietata per i migranti e gli emarginati.
Troppe cose non vanno nella Giustizia del nostro paese. I temi sono noti: lunghezza dei processi, eccessi di custodia cautelare, emergenza carceraria, leggi ad personam.
Sono temi fondamentali per la tutela dei cittadini e per il rispetto delle garanzie della persona. Occorre abbandonare ogni logica propria dell’intervento d’urgenza e lavorare immediatamente ad una riforma del sistema, il cui primo impegno consista nel recuperare rapporto e fiducia del cittadino, chiudendo il capitolo dell’imposizione di leggi ad personam voluto in questi anni dalla destra all’unico scopo di salvare Silvio Berlusconi dai processi nei quali è stato imputato. Questo ha portato ad un attacco incessante non solo all’autonomia e all’indipendenza della magistratura, ma a tutto l’impianto di garanzie e di bilanciamento tra i poteri che deriva dalla nostra Costituzione.
Noi ribadiamo di essere favorevoli ad una più netta separazione delle funzioni e non alla separazione delle carriere in magistratura, per una fondamentale ragione di garanzie dell’intero sistema della nostra giustizia. Garanzie che ci portano anche ad essere fermamente contrari al tentativo di imputare ai giudici una responsabilità risarcitoria diretta, che ne renderebbe più difficile l’esercizio della funzione, e alla limitazione degli strumenti di indagine, a partire dalle intercettazioni.
La destra al governo ha imposto, con alcune leggi come la Bossi-Fini e la legge Giovanardi, un modello discriminante di giustizia: tollerante sino all’impunità per i potenti e i privilegiati e spietato e razzista verso gli stranieri e gli emarginati. La spaventosa condizione delle carceri italiane è figlia di questa politica, classista e securitaria, che ha prodotto il degrado degli istituti di pena, con la reclusione dei migranti nei centro di espulsione e la persecuzione dei tossicodipendenti, con la mortificazione dei richiedenti asilo.
Otto anni è ormai la durata media di un procedimento penale e quasi vent’anni quello civile, tempi che determinano forti e giuste sanzioni da parte dell’Unione europea verso il nostro Paese. Quanto ai processi civili, cittadini e imprese, italiane e internazionali, non vedranno mai risolte in tempo utile le proprie controversie, lasciando il Paese arretrato nelle sue strutture economiche.
Una riforma che non può essere ancora rinviata è quella che riguarda l’avvocatura. Essa deve dotarsi di uno Statuto improntato prima di tutto all’etica, al diritto e alla giustizia, ma mai alla concorrenza e alle altre regole del mercato. Punti di forza devono essere l’autonomia e la formazione della figura e della professione dell’avvocato. Servono interventi radicali in materia di difesa d’ufficio e patrocinio per i meno abbienti, dove si registra una clamorosa disparità di condizioni sociali nell’accesso alla giustizia, non degne di un paese civile. Intendiamo intervenire per colmare tutte le vistose lacune, le storture e le contraddizioni della Legge Severino in materia di lotta alla corruzione.
Una svolta radicale serve anche nella situazione carceraria, oggi al collasso. In carcere oggi ancora si muore, i sucidi e gli atti di autolesionismo stanno lì a testimoniare che la fase dell’esecuzione della pena è attuata in condizioni disumane. Occorre limitare il flusso in entrata, favorendo al contempo, nei limiti della legge, il deflusso. I diritti fondamentali dell’individuo vanno sempre garantiti, anche con interventi di edilizia carceraria affinchè le strutture detentive siano idonee ad assicurare il rispetto della dignità umana. Si deve giungere alla cancellazione delle leggi di segregazione, dalla Bossi-Fini, alla Fini-Giovanardi, alla ex Cirielli.
Bisogna potenziare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, sia nella fase ultima del trattamento, al fine di favorire il reinserimento nella società, sia ab origine per i reati meno gravi. La stessa intenzione deve pervadere la indispensabile riforma delle misure di custodia cautelare, vera e propria sciagura del nostro sistema che viene a privare la persona dei diritti fondamentali e della stessa dignità personale trattenendo il detenuto oltre il tempo ragionevole alle esigenze cautelari.

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